Storia dei prodotti

“Le piccole aziende hanno la possibilità di sopravvivere soltanto se sono intelligenti, ossia se risolvono problematiche che spesso per le grandi sono insignificanti.
L’unica strada per arrivarci è la ricerca, che deve essere mirata alle necessità dei pazienti. Noi non possiamo competere con i ‘mostri sacri’: questa attenzione a risolvere i bisogni reali di medici e pazienti è l’unico modo per far crescere una piccola azienda. In ogni fascia di mercato, ci sono necessità specifiche e noi vogliamo occupare quelle aree che non sono oggetto di particolari studi da parte delle multinazionali del settore farmaceutico.
Ciò che possiamo fare è indirizzarci verso molecole le cui proprietà sono già note, e individuarne indicazioni e applicazioni non utilizzate o sfruttate. Sulla base degli studi di mercato che mettono in evidenza certe carenze in ambito terapeutico, capiamo quali sono i bisogni di medici e pazienti, e siamo in grado di trovare nuove forme farmaceutiche per sostanze già note, che ne consentano un più facile utilizzo.”

Condrosulf: la prima svolta

Nel 1985 IBSA è ancora un piccolo operatore nel settore farmaceutico, con appena due prodotti in portafoglio. Il primo è l’Urogastrone, farmaco anti-ulcera distribuito esclusivamente in Giappone, che da anni sostiene l’azienda come unica fonte di ricavi stabili. L’altro è il Condrosulf in capsule rigide, un trattamento per l’osteoartrosi lanciato nel 1982, che però non decolla.

Ma Arturo Licenziati non si arrende. Decide di puntare tutto su quel principio attivo sottovalutato. Cambia forma, cambia approccio: nel 1986 lancia i granuli, poi nel 1991 le compresse. La nuova veste rende Condrosulf più maneggevole, più pratico. I pazienti iniziano a preferirlo. I medici lo consigliano. E il successo arriva.

Spinto da questa prima vittoria, Licenziati inizia a guardare oltre i confini svizzeri. Alla fine degli anni ’80 individua una piccola azienda nei dintorni di Parigi, Laboratoires Genévrier. Produce pomate e compresse. Scatta l’intesa. IBSA porta in casa la produzione e comincia a registrare i suoi prodotti in Francia. I risultati non si fanno attendere: le vendite esplodono.
Quello che sembrava un esperimento si trasforma presto in un modello di espansione. L’Italia è il passo successivo, seguita da Regno Unito, Belgio e Spagna. Poi il Sudafrica. Poi Hong Kong. Ovunque c’è una nicchia scoperta, IBSA arriva.

Ma non si tratta solo di esportare. Con la mente sempre accesa, Licenziati elabora nuove idee. Due intuizioni diventano nuovi prodotti: il cerotto antinfiammatorio Flector Tissugel e lo sciroppo mucolitico Solmucol. Innovazioni semplici, concrete, pensate per chi usa davvero i farmaci. È l’inizio di una nuova era per IBSA.

Flector Tissugel: un cerotto, un’idea

Tutto parte da un piccolo incidente al mare. Arturo Licenziati si ferisce a una mano contro una roccia. Niente di grave, ma abbastanza per farlo riflettere: curare una ferita in certe posizioni è scomodo, poco efficace. Gli torna in mente un viaggio in Giappone, dove aveva visto una fabbrica che produceva un cerotto innovativo: morbido, adattabile alla pelle, adesivo, con un principio attivo spalmato su un tessuto speciale. Lì scatta l’intuizione.

Nel cassetto dei brevetti IBSA c’è già un ingrediente prezioso: il diclofenac epolamina, un sale solubile in acqua e grassi. L’idea è semplice e geniale: fondere quella tecnologia giapponese con un principio attivo potente, per ottenere un cerotto capace di rilasciare lentamente il farmaco direttamente sulla pelle, dove serve davvero.

Nasce così Flector Tissugel, registrato ufficialmente nel 1993. Ma quella è solo la prima tappa. Flector si trasforma in una vera famiglia di soluzioni contro il dolore: arriva il gel da spalmare (1991), i granuli in bustina (1995), le iniezioni (2015), le capsule (2021). Ogni versione ha un target preciso, una funzione pensata per migliorare l’esperienza del paziente.

E non finisce lì. Nel 2007 IBSA segna un altro primato: diventa la prima azienda farmaceutica europea a portare un antinfiammatorio topico negli Stati Uniti. Flector diventa un simbolo: dell’innovazione pratica, della capacità di ascoltare il paziente, dell’intuito che trasforma un’idea semplice in un successo globale. 

Lo sciroppo Solmucol: un flacone che cambia tutto

Tutto parte da una domanda semplice: perché uno sciroppo deve essere così complicato da preparare? Arturo Licenziati, come spesso accade, intercetta un problema reale segnalato da medici e farmacisti. Troppe confezioni di mucolitici richiedono la ricostituzione manuale: versare, agitare, sperare di aver dosato bene. Poco pratico, poco preciso.

Così convoca i suoi tecnici e pone la sfida: trovare una soluzione semplice, sicura, pronta all’uso. Il problema è che la N-acetilcisteina, principio attivo di Solmucol, è altamente instabile. Ma la soluzione arriva: un flacone di vetro con dentro il liquido, un tappo contenente la polvere e, nel mezzo, una sottile membrana in alluminio sigillata con termolacca. Si preme, si rompe la barriera, si agita. E lo sciroppo è pronto. Geniale nella sua semplicità.
Non solo: questa tecnologia permette di lavorare con quantità significative di principio attivo — fino a 20 grammi — superando i limiti delle soluzioni tradizionali. Una piccola rivoluzione nel packaging farmaceutico che, nel 1995, vale a Solmucol il premio per l’imballaggio più innovativo de Il Sole 24 Ore.

IBSA non si ferma: dallo sciroppo si passa a granulati, compresse effervescenti, orosolubili. Il principio resta lo stesso: facilitare la vita a chi il farmaco lo deve davvero usare. È questa attenzione pratica che trasforma Solmucol da semplice mucolitico a prodotto simbolo di un nuovo modo di fare innovazione.

Le gonadotropine: sfida vintaLe gonadotropine: sfida vinta

Le gonadotropine sono ormoni prodotti naturalmente dalla ghiandola ipofisaria che, una volta rilasciate nel sangue, si accumulano nelle urine, con particolare abbondanza nelle donne in menopausa e in gravidanza.
È uno di quei momenti che definiscono una strategia. Dopo l’incendio nello stabilimento di Massagno, Arturo Licenziati decide che è tempo di reinventare l’azienda. Tra le molte opzioni, sceglie quella che tutti gli sconsigliano: investire nelle gonadotropine. Troppo complesso, troppo costoso, troppo rischioso. Un settore di nicchia, destinato — secondo molti — a esaurirsi nel giro di dieci anni.

Ma Licenziati, come sempre, va controcorrente. A Lamone fa costruire uno stabilimento su misura, esclusivamente dedicato alla produzione di gonadotropine. Inizia così una delle avventure industriali più audaci della storia IBSA. Il cuore pulsante del processo è a migliaia di chilometri di distanza: in Cina, nei villaggi densamente popolati della costa orientale, dove ogni giorno vengono raccolti centinaia di migliaia di litri di urina da donne in menopausa. Una prima lavorazione avviene sul posto, poi il materiale — concentrato in una polvere grezza — arriva in Svizzera.
Per ogni 600.000 litri raccolti, solo 3 kg di polvere utili raggiungono Lamone. Da lì, dopo un processo rigoroso e delicato, nascono più di 200’000 flaconi di farmaco iniettabile. È una filiera complessa, che richiede conoscenze chimiche, biologiche e ingegneristiche di altissimo livello. Ma funziona.

Nel 2013 IBSA introduce un’altra innovazione di rottura: una nuova formulazione idrosolubile del progesterone, somministrabile per via sottocutanea. È un unicum sul mercato mondiale. Semplifica la vita delle pazienti nei programmi di procreazione medicalmente assistita (PMA), migliorando la tollerabilità locale e l’aderenza alla terapia.

Tutto questo avviene sotto le regole più severe: condizioni di produzione asettiche, controlli microbiologici continui, investimenti pesanti in ambienti sterili. Basta un dato per capire l’impegno: 1 m² di area asettica costa sei volte più di un m² per il confezionamento. Ma IBSA non ha mai temuto i costi quando l’obiettivo è la qualità.

Oggi quell’investimento coraggioso è diventato uno dei pilastri della crescita aziendale. IBSA è tra le prime quattro aziende al mondo nella medicina della riproduzione. E tutto è partito da una scelta controcorrente.

Le capsule molli: una tecnologia sviluppata da IBSA

Con l’acquisizione di Gelfipharma nel 2001, Arturo Licenziati intuisce le potenzialità di applicare ai farmaci la PEARLtec technology, una tecnologia inizialmente utilizzata solo nel campo degli integratori alimentari (food supplements). 

Nel 2006 viene quindi inaugurato il nuovo stabilimento di Manno, specializzato nella produzione degli ormoni tiroidei T4 e T3 in soluzioni orali liquide e in capsule molli (softgel capsules). Il 13 ottobre dello stesso anno la Food and Drug Administration (FDA) statunitense autorizza l’immissione in commercio del Tirosint capsule molli per il mercato americano. 

L’assunzione per via orale di alcuni farmaci in forma solida rappresenta una sfida dal punto di vista tecnico, poiché alcuni principi attivi possono essere oleosi o scarsamente solubili in acqua.
La PEARLtec technology consente di incorporare una matrice liquida in un involucro continuo di gelatina molle, andando a formare la capsula molle. 
Questa tecnologia offre alcuni vantaggi importanti: una migliorata stabilità del principio attivo e la lavorazione a freddo, in modo da evitare il surriscaldamento che si genera nella compressione delle compresse tradizionali e, soprattutto, una grande precisione di dosaggio.

Tramite la PEARLtec technology è dunque possibile assumere in forma solida una soluzione liquida, garantendone l’uniformità di dosaggio, in particolare per le formulazioni a bassissime concentrazioni.
Una volta nello stomaco, la capsula di gelatina si scioglie, liberando il principio attivo già disciolto, che viene assorbito rapidamente.

La levotiroxina (T4), la vitamina D e il diclofenac sono solo alcuni esempi di principi attivi in capsule molli che IBSA mette a disposizione in ambiti terapeutici di grande impatto sociale, che – da tempo – non registravano innovazioni significative nelle forme di assunzione.

L’acido ialuronico e i nuovi complessi ibridi cooperativi

Più volte nel corso degli anni Arturo Licenziati sintetizza così la sua visione imprenditoriale:
“Noi non possiamo competere con i ‘mostri sacri’: la nostra ricerca deve essere rivolta a risolvere i bisogni pratici di medici e pazienti. È questo l’unico modo per far crescere una piccola azienda”.

Grazie alle sue proprietà, l'acido ialuronico (HA) può essere impiegato in vari settori in ambito medico e cosmetico. Le sue diverse applicazioni dipendono dal peso molecolare e dal grado di purezza.

Per anni, l'estrazione da tessuti animali è stata il metodo principale di produzione dell’acido ialuronico. Nel 1989, Shiseido è stata la prima azienda a svilupparne e brevettarne la produzione fermentativa.

Per produrre acido ialuronico con il processo di biofermentazione vengono utilizzati diversi batteri, e le fasi più importanti per ottenere un prodotto con un elevato grado di purezza sono l'estrazione e la purificazione.

Nel 2011 Arturo Licenziati avvia una nuova iniziativa imprenditoriale con Altergon Italia, sviluppando e brevettando un innovativo processo di fermentazione biotecnologica per la produzione di acido ialuronico con un elevato grado di purezza.
Il brevetto riconosce l'originalità del processo di produzione di acido ialuronico per applicazioni farmaceutiche iniettabili. Altergon è oggi tra le prime aziende al mondo nella produzione di acido ialuronico di purezza iniettabile.

Sebbene sul mercato siano presenti numerosi prodotti a base di acido ialuronico, negli ultimi anni IBSA ha sviluppato alcune innovazioni in collaborazione con l’Università Vanvitelli di Napoli (Prof. De Rosa e Prof.ssa Schiraldi). 
Tra queste, spiccano i nuovi complessi ibridi cooperativi di acido ialuronico ad alto e basso peso molecolare (H-HA e L-HA) e di acido ialuronico e condroitina sodica (SC) non solfata, sviluppata presso i laboratori biotecnologici del sito IBSA di Qingdao Huashan Biochemicals (IBSA China).

Il portafoglio di prodotti IBSA a base di acido ialuronico comprende una gamma di preparati sviluppati per uso intra-articolare, per trattamenti di medicina estetica, per la cicatrizzazione delle ferite e per soluzioni uro-ginecologiche. 

I complessi ibridi di acido ialuronico ad alto e basso peso molecolare (HA-HL)

Attraverso la tecnologia NAHYCO (ossia “complesso ibrido di sodio ialuronato”, un processo termico unico e brevettato che si realizza nel sito di Lodi), gli acidi ialuronici ad alto e basso peso molecolare vengono miscelati per produrre un complesso ibrido cooperativo, in cui le catene corte e lunghe sono legate da legami a idrogeno senza l'uso di agenti chimici reticolanti. 
Questo trattamento innovativo consente di:

  • raggiungere un'elevata concentrazione di acido ialuronico senza compromettere la facilità e la sicurezza della procedura (cioè l'iniezione),
  • migliorare la resistenza alla degradazione operata dalle ialuronidasi, poiché l'enzima ialuronidasi non è in grado di riconoscere la conformazione di questi complessi.

Inoltre, la tollerabilità del complesso ibrido è garantita dall'assenza di modifiche chimiche che possono aumentare il rischio di reazioni. Un grado di reticolazione troppo elevato rende, infatti, il polimero meno idrofilo, favorendo reazioni localizzate come dolore e gonfiore. La reticolazione potrebbe anche aumentare l'immunogenicità del prodotto, rendendolo sempre meno simile all’acido ialuronico naturale.

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Complessi ibridi cooperativi di sodio ialuronato e condroitina sodica biotech

L'eccipiente tecnologico utilizzato da IBSA per regolare la viscosità delle soluzioni di acido ialuronico ad alto peso e alta concentrazione è la condroitina biotecnologica (biotech) o non solfata (SC). 
IBSA è in grado di produrre la condroitina non solfata tramite un processo di fermentazione biotecnologica brevettato la cui produzione avviene nei siti di Qingdao Huashan Biochemicals in Cina ed in Altergon Italia. L'impiego della condroitina non solfata permette di raggiungere una concentrazione più elevata di glicosamminoglicani senza un aumento significativo della viscosità.