Conversazione con Stefano Rovati, Sr. R&D Scientific Affairs Manager

L’attuale Presidente e CEO di IBSA, Arturo Licenziati, ha assunto la guida dell’azienda nel 1985. A quasi quattro decenni di distanza, tra le prime persone approdate in IBSA che ad oggi collaborano ancora con l’azienda c’è Stefano Rovati, Sr R&D Scientific Affairs Manager, in IBSA dal lontano settembre 1986. In questa intervista ci parla del suo passato, presente e futuro nella nostra azienda.

PUÒ RACCONTARCI DI PIÙ SUL SUO RUOLO E SULL’EVOLUZIONE DEL DIPARTIMENTO R&D SCIENTIFIC AFFAIRS?

Sono stato assunto in IBSA subito dopo la laurea e nel 1995 mi sono unito al team di R&D, che all’epoca era composto da quattro persone in tutto. Da allora, l’evoluzione del dipartimento R&D Scientific Affairs è stata incredibile. 

All’inizio possiamo dire che ci “arrabattavamo” per coprire con le nostre limitate risorse tutte le esigenze legate allo sviluppo di un nuovo farmaco: collaboravamo a tutto campo con i vari centri di ricerca clinica in Svizzera e all’estero, raccoglievamo i dati sperimentali, li analizzavamo direttamente in casa e, alla fine, scrivevamo i rapporti di studio per il dossier di registrazione del nuovo prodotto. Oggi, il dipartimento di cui faccio parte si compone di alcune decine di collaboratrici e collaboratori altamente specializzati, spesso separati per aree terapeutiche, che lavorano in modo coordinato. 

In particolare, noi project manager disegniamo i piani di sviluppo e coordiniamo gli studi preclinici e clinici, che sempre più spesso sono condotti con il supporto di organizzazioni di ricerca esterne. Lavoriamo inoltre in sinergia con il dipartimento Regulatory Affairs per le interazioni con le agenzie regolatorie nazionali e sovranazionali sia nelle fasi pre-deposito che durante il processo di valutazione dei dossier di registrazione. 

IBSA È UN’AZIENDA SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE, COME IMPATTA QUESTA PROPENSIONE ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE SUL LAVORO DEL SUO DIPARTIMENTO?

La ricerca è in realtà un’area storicamente a vocazione internazionale e le attività legate allo sviluppo dei farmaci in IBSA non fanno eccezione. Con l’adozione da parte delle principali agenzie regolatorie – come FDA e EMA – delle recenti linee guida internazionali per l’armonizzazione dei requisiti tecnici per la registrazione dei farmaci (le famose linee guida ICH dell’International Council for Harmonisation), la valenza internazionale del nostro lavoro ne risulta ancora più accentuata. Molti studi clinici, soprattutto quelli pivotali a supporto dell’efficacia e della sicurezza di un nuovo farmaco, sono sempre più spesso disegnati e realizzati come studi multicentrici e multinazionali, condotti simultaneamente – per esempio – in Europa e in America.

GUARDANDO ALLE SFIDE DEL DIPARTIMENTO DI CUI FA PARTE, QUALI SONO LE ATTIVITÀ O I PROGETTI CHE VERRANNO SVILUPPATI NEI PROSSIMI MESI / ANNI?

L’esplosione dei costi della ricerca e l’aumento significativo del time-to-market per i nuovi prodotti stanno portando allo sviluppo di tecniche e approcci sempre più innovativi che mirano a rendere più efficiente lo sviluppo del farmaco. Questa tendenza intende ridurre da un lato i rischi collegati ad aree di non conoscenza – come per esempio l’utilizzo di software per la simulazione del comportamento di una nuova molecola nell’organismo in situazioni patologiche, magari ancora inesplorate, o in categorie di pazienti particolarmente vulnerabili come quelli in età pediatrica – e dall’altro integrare meglio le successive fasi di sviluppo di un farmaco secondo un approccio detto di adaptive-design, che permette di guadagnare tempo prezioso rispetto all’approccio classico a fasi di sviluppo distinte. Le applicazioni di modelling & simulation, che rientrano nei cosiddetti in silico trials, permettono di ottenere informazioni preliminari utili a ottimizzare il disegno degli studi in vivo nell’uomo, per esempio riducendo al minimo determinati rischi per i pazienti sottoposti al trattamento nello studio clinico. Oggi, i dati degli studi in silico arrivano addirittura, in certi casi, a sostituire gli studi in vivo, rendendoli obsoleti. 

E ancora, lo sfruttamento dell’enorme potenzialità dei dati “real world”, cioè di tutti i dati clinici generati durante la pratica clinica e che una volta resi accessibili in banche dati strutturate saranno utilissimi per ricerche sia sull’evoluzione naturale di certe patologie ancora poco note sia sull’efficacia effettiva e, soprattutto, sulla sicurezza dei nuovi farmaci durante il loro normale utilizzo. Si tratta di un ulteriore ambito della ricerca in cui il nostro dipartimento dovrà crescere molto in un prossimo futuro, per far fronte alle sfide di un mondo sempre più competitivo della ricerca e sviluppo in ambito farmaceutico.